Frutta secca, ingrediente “segreto” dell’arte dolciaria italiana


L’uso più comune che si fa di questo alimento nella tradizione italiana è sicuramente la preparazione di dolci dove molte varietà di frutta secca e disidratata sono protagoniste indiscusse.

Come sono nati alcuni dei dolci più famosi della tradizione culinaria italiana? E perché così di frequente nelle ricette più antiche della nostra cucina è presente la frutta secca? Molte delle ricette più famose di dolci tipici del nostro Paese hanno fra gli ingredienti una o più varietà di frutta in guscio o disidratata.

Dalle storie che vi raccontiamo in questo articolo, pare quasi che la bontà di questi alimenti sia così ampiamente riconosciuta che, una volta inseriti in un dolce, nessuno osi più eliminarli. In alcuni dei dolci più antichi della nostra tradizione, infatti, la frutta secca è inclusa sin dalle origini della ricetta e in altri, una volta aggiunta, diventa l’ingrediente che li rende “famosi”.

Cantucci toscani con mandorle

Gli ingredienti alla base di questi biscotti tipici toscani sono solamente il fior di farina – la farina più bianca e fine in commercio – lo zucchero e l’albume delle uova. Nel XIX secolo Antonio Mattei, pasticciere di Prato, riscrisse la ricetta aggiungendo mandorle e pinoli, tuttavia il termine cantuccio entrò ufficialmente nel dizionario dell’Accademia della Crusca solo nel 1961. Il nome di questo dolce deriva dalla caratteristica forma di questi biscotti che sono ricavati tagliando il filone di impasto caldo in pezzetti, piccole parti, in latino cantellus.

Chissà se senza mandorle e pinoli, i cantucci godrebbero della stessa fama che hanno oggi?

Crocette calabresi con fichi essiccati

Le origini di questo dolce si ritrovano già nella Bibbia: si narra che, durante la fuga di Maria, Giuseppe e Gesù dall’Egitto, i tre avessero trovato riparo durante la notte sotto un fico. L’albero accolse la sacra famiglia allungando i rami e allargando le foglie per proteggerla, rendendola “invisibile” agli occhi del re Erode. Alle prime luci del giorno, Maria uscì dal nascondiglio e rivolgendosi all’albero di fico, per ringraziarlo, disse: “Che tu sia benedetto, o fico. Per due volte all’anno darai i frutti più dolci della terra”. Ogni anno i calabresi, in ricordo di questa leggenda e per onorare Gesù, fanno seccare i fichi al sole e li consumano a Natale in forma di piccole croci.

I fichi vengono imbottiti con altra frutta, in particolare noci e scorza di mandarino. Una volta cotti nel forno caldo vengono tirati fuori e guarniti: possono essere spolverati di zucchero e cannella e spruzzati con del liquore all’anice oppure cosparsi con del miele.

Gubana di cioccolato con pinoli

Tipico dolce friulano immancabile durante le ricorrenze religiose e specialmente in occasione dei matrimoni, era considerato originariamente un oggetto di scambio quasi al pari del denaro. Rappresenta un ponte tra le tradizioni gastronomiche italiane e slovene: “guba” infatti in sloveno significa piega che spiegherebbe la tipica forma a torciglione. Uno dei primi riferimenti a questo dolce si trova nell’elenco delle vivande servite nel banchetto di Papa Gregorio XII durante la sua visita a Cividale nel 1409 mentre un secondo cenno lo si può trovare nel manoscritto di argomento gastronomico di Della Porta nel 1738.

Questo dolce è costituto da una pasta lievitata ripiena di noci, uvetta, pinoli: insomma un trionfo di frutta secca!

Panettone classico

Il panettone è un dolce dalle umili origini: una delle leggende più accreditate narra infatti che l’inventore di questo dolce tipico della cucina milanese sia uno sguattero di nome Toni, al servizio della cucina di Ludovico il Moro. Alla Vigilia di Natale il capocuoco degli Sforza bruciò il dolce preparato per il banchetto ducale e a salvare la situazione fu proprio Toni il quale, sacrificando un panetto di lievito che aveva conservato per la sua famiglia, preparò un impasto con farina, uova, zucchero, uvetta disidratata e canditi, lavorandolo a più riprese fino a ottenere un composto soffice e molto lievitato. Il risultato fu un grande successo, tanto che Ludovico il Moro lo intitolò Pan de Toni (diventato poi “panettone”) come omaggio al suo creatore.

Sono innumerevoli le rivisitazioni del panettone, ma il classico uvetta e canditi rimane insostituibile per i veri appassionati di questo dolce.

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